Fabrizio Mingarelli

Interview by SARA SCIALPI — Photos by FABRIZIO MINGARELLI

Se provo ad immaginare uno sogno muto, un universo quotidiano in cui gli oggetti si trovino a galleggiare, fuori dagli schemi dello spazio e del tempo, isolati nella loro surrealità e sostenuti soltanto dall’intrecciarsi fluido e simmetrico di luci ed ombre, mi vengono in mente i suoi lavori. La realtà, nelle fotografie di Fabrizio Mingarelli, viene colta nella solitudine asettica, precisa ed intatta, delle sue forme; e la gravità delle geometrie, a sua volta, risulta filtrata da uno sguardo attento e tiepidamente sentimentale.

SARA S. — Cosa ti ha spinto ad iniziare ad interessarti di fotografia? Ricordi il momento in cui hai scattato la tua prima foto? Com’era fatta?
FABRIZIO M. — Mi sono avvicinato alla fotografia quando i miei genitori mi regalarono la mia prima macchina fotografica, una stupida compatta kodak, avevo 14 anni circa. Non ricordo con precisione il momento in cui ho scattato la mia prima foto, ma sicuramente posso dire che era un autoscatto, all’inizio ero sia il fotografo che il soggetto dei miei scatti, poi mi sono concentrato su altro.

SARA S. — Quando scatti, prevale l’impulso o il tutto è preceduto da uno studio meticoloso? Molte delle tue foto presentano delle simmetrie lucidissime, ma queste non impoveriscono la delicatezza dell’immagine, anzi ne accentuano l’emotività.
FABRIZIO M. — Per quanto mi riguarda, le mie fotografie sono molto impulsive, poche di loro sono il frutto di uno studio (neanche troppo meticoloso) e, se proprio devo dirla tutta, sono proprio quest’ultime quelle che amo meno. Per me l’impulsività è fondamentale in quello che faccio, e mi dispiacerebbe molto perdere questa componente.

SARA S. — Ho notato che alcuni scatti, fra i più belli a mio parere, sono rappresentazioni di paesaggi naturali o scenari cittadini. Quale preferisci fra i due ambienti e quali sono le sensazioni che vuoi comunicare per ognuno di essi?
FABRIZIO M. — Non saprei scegliere tra i paesaggi naturali o quelli urbani, a me danno sensazioni diverse ma comunque interessanti. In molte di quelle immagini il soggetto non è puramente lo scorcio naturale o cittadino rappresentato, ma più che altro la luce e le ombre che in quel particolare momento mi hanno affascinato. In altre foto, invece, il soggetto principale è la solitudine che caratterizza quell’ambiente, è molto facile ritrovarsi soli in una strada piena di gente, ad esempio.

SARA S. — La musica e il cinema hanno una certa influenza sui tuoi scatti? Quali nomi puoi fare?
FABRIZIO M. — Beh si ovviamente la musica e i film sono una parte determinante della mia inspirazione. Un film che mi ha affascinato ultimamente è Blow up di Michelangelo Antonioni, ma posso anche consigliarvi Lost in translation, Freaks, À bout de souffle, The dreamers e qualche film di Gus Van Sant. Mentre per quanto riguarda la musica posso sicuramente dire Bjork, Sigur Ros, Fever Ray, Explosion in the sky, Mogway, Crystal Castles, Broadcast, Xiu Xiu e altri.

SARA S. — E per quanto riguarda altri fotografi, chi ti ispira?
FABRIZIO M. — Tra i vari nomi sicuramente mi sento di dire Corinne Day, Lina Scheynius, Ryan Mcginley and Hedi Slimane, ma ci sono anche molti altri fotografi meno conosciuti che potrei nominare.

SARA S. — Come pensi che la tua fotografia possa evolvere nei prossimi tre anni?
FABRIZIO M. — Beh spero di focalizzare molto di più l’attenzione sulle persone, ho in mente alcuni progetti che riguardano le persone come soggetto delle mie foto. Mi interessa anche poter collaborare con qualche altro fotografo e spero che, nei prossimi 3 anni, questo possa avvenire.

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July 2011